Responsabili, Paolo Mieli: “Perché Mattarella non ha concesso al centrodestra di cercare i voti in Parlamento?”

Da Il Secolo D’Italia – “Non stupiamoci se martedì Conte incasserà la fiducia, in Italia i voltagabbana esistono dal 1876». Paolo Mieli, storico ed editorialista, in un colloquio con Maurizio Caverzan del Corriere della Sera risponde a tutto campo sui vari scenari che la crisi di governo lascia aperti:  almeno fino alla due giorni – lunedì-martedì – per il doppio confronto alla Camera e al Senato. Italia viva ha ritirato la delegazione, ma Conte non ha rimesso il mandato: inusuale?. Risponde Mieli: «Le prassi istituzionali in Italia sono come il sacco della Befana, puoi trovarci qualsiasi cosa. Chiedere la fiducia alle camere è una delle strade percorribili. E comporta il fatto che l’attuale governo rimarrà in carica senza bisogno di varare un Conte ter». Sincero, critico, ma realista.

“Al centrodestra non fu concesso di trovare i voti”

Dubbio: “Puntando ai voti dei responsabili, Conte disobbedisce a Mattarella?”. Risponde Mieli: «Non sappiamo come Mattarella gli abbia consigliato di non ricorrere ai responsabili. La sua azione sembra invece ispirarsi proprio alla definizione di costruttori del discorso di fine anno del presidente». Ammette un cambio di valutazione, in proposito:«Matteo Salvini lamenta – è il ragionamento dello storico e scrittore-  che a lui non fu concesso questo tentativo mentre a Conte sì. In realtà, dopo il voto del 2018, il centrodestra aveva la maggioranza relativa e proponeva di andare in Parlamento a cercare i voti mancanti. Ora si vuole conoscere in anticipo la configurazione politica dei responsabili».

“Dietro Conte, un magnete più forte”

Da voltagabbana a costruttori responsabili, il lessico cambia….«Nella storia d’Italia ci sono dal 1876″. Mieli non si scandalizza e ironizza: “Il fatto è che sono pessimi quelli della parte avversa, sono salvatori quelli della propria. Lo spartiacque è se li paghi o no. Se li fai ministri, se dai un incarico al figlio…». Sincero come sempre. E di fronte alla domanda “scomoda” – “Questi costruttori più che le cattedrali fanno venire in mente i compassi?”- Mieli risponde: «Non vedo tracce di massoneria, ma mi rendo conto che dietro Conte c’è un magnete più forte di quanto si immagini. I vescovi per ben due volte si sono pronunciati in favore della tenuta del governo. Capisco l’allarme per la situazione del Paese, ma noto la singolarità del fatto».

Alla domanda se l’Italia sia ostaggio di due narcisismi, replica«In politica c’è sempre un elemento psicologico. I recenti fatti americani sono stati spiegati con la pazzia di Donald Trump. Il leader perdente viene sempre descritto come uno che va allo sbaraglio, sbaglia i calcoli e viene giustamente punito dal destino. Nel caso di Renzi, persino il suo barbiere ha detto di non capirlo». E sulle prospettive di breve periodo è pessimista: “Tra due mesi saremo di nuovo al capolinea?”, è la domanda: «È possibile». E sull’operato del governo è critico. “Mentre in primavera mi era parso che si fossero presi provvedimenti chiari, in autunno, quando in Europa era partita la seconda ondata, l’Italia si è attardata con dpcm interlocutori”. “Commettere due volte lo stesso errore sarebbe grave”, è severo Mieli.

Mieli: “Solo le elezioni potrebbero…”

Mandare gli italiani a votare?  “Dubito che i costruttori incoraggeranno il rigore nella lotta al Covid. Per questo sostengo che un giorno o l’altro si debba andare a votare. In Europa tutti i leader hanno il consenso degli elettori, noi abbiamo un premier che, quando si è votato l’ultima volta, era sconosciuto”. E dunque? “Può darsi – ragiona Mieli – che quest’ ultima alleanza sia la migliore, ma senza la ratifica dell’elettorato manca un elemento fondamentale. Da studioso di storia constato che in Italia non è mai il momento buono per votare”.

E se non sarà così? Drastico e pratico Mieli: «E se tra due mesi saremo nuovamente al capolinea, spunterà un altro gruppo di super costruttori Con un Parlamento composto da eletti che hanno come comun denominatore la probabilità di non esserlo di nuovo si potrà andare avanti a lungo”. E al quesito principe, se il Palazzo è lontano dal Paese reale, Mieli replica: «Quanto sia lontano, lo si misura solo con le elezioni e il grado di astensione al voto. Il resto sono sensazioni».

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