Noi siamo gli unici (fessi) ad aver accolto più afgani di tutti: ora basta, non siamo il campo profughi d’Europa

Di Riccardo MazzoniL’attenzione della comunità internazionale è inevitabilmente rivolta all’Afghanistan e al temuto flusso di profughi da un Paese destabilizzato dal regime talebano e dalle faide interne al jihadismo, e infatti il vertice straordinario a Bruxelles del Consiglio Ue Affari Interni ha discusso esclusivamente del sostegno ai Paesi vicini e della prevenzione dei movimenti migratori incontrollati per scongiurare il rischio terrorismo in Europa.

Ma l’Unione avrebbe tutto l’interesse anche a volgere lo sguardo su quanto sta avvenendo nel Mediterraneo: il flusso verso il Sud Italia continua infatti senza sosta, e la scorsa settimana a Lampedusa sono arrivati in un solo giorno oltre 500 migranti, con uno degli sbarchi più imponenti degli ultimi dieci anni.

L’Italia, che ha appena messo in salvo cinquemila afghani – più di ogni altro Paese Ue come ha rivendicato il ministro Di Maio – non può continuare a reggere da sola tutto il peso dell’accoglienza umanitaria dei migranti dal Nord Africa. I rischi di infiltrazioni terroristiche sono enormi anche su questo versante a causa della massiccia presenza jihadista nel Sahel, la vasta regione subsahariana che comprende Mauritania, Sudan, Mali, Nigeria, Ciad, Niger e Burkina Faso.

La penetrazione sia dell’Isis che di Al Qaeda per il momento non è stata arginata né dalla missione francese Barkhane, né dalla successiva Task Force Takuba, a cui partecipa anche l’Italia, e questo rappresenta per noi un oggettivo fattore di rischio. Non solo: dal primo gennaio ad oggi sono arrivati circa settemila tunisini, e di questi buona parte con sbarchi autonomi avvenuti a Lampedusa. È bene ricordare che la Tunisia è il Paese con il più alto tasso di foreign fighters, ossia di combattenti stranieri che si erano aggregati all’Isis che dopo la cacciata da Siria e Nord Irak si sta riorganizzando.

Potenzialmente, il sistema Eurodac – la banca dati  biometrica a livello comunitario che contiene le impronte digitali dei richiedenti asilo – dovrebbe essere la garanzia che i terroristi infiltrati sui barconi vengano tutti identificati: tutti coloro che arrivano nei centri di accoglienza vengono infatti sottoposti a rigidi controlli di sicurezza con l’assistenza di Europol, ma in più occasioni il controllo incrociato con le banche dati di altri Paesi Ue ha mostrato preoccupanti lacune, così come la collaborazione tra i vari servizi di intelligence non è ancora propriamente sinergica. Resta emblematico il caso dell’attentatore di Nizza sbarcato a Lampedusa nel settembre di un anno fa, identificato a Bari, fotosegnalato dalla Questura e poi lasciato libero di varcare il confine francese.

Ma i rischi più gravi sono legati agli sbarchi fantasma, ai barchini su cui viaggiano persone che non vogliono farsi identificare, gente già espulsa in passato dall’Italia o appena liberata dalle carceri tunisine: è questa tipologia di arrivi, insomma, la variante più pericolosa dell’immigrazione irregolare, e ora più che mai, con l’onda lunga della vittoria talebana a Kabul potrebbe determinare il risveglio del jihadismo su larga scala, è doveroso difendere i nostri confini, che sono anche i confini europei. Borrell, Alto rappresentante della politica estera comunitaria, ha benedetto i muri anti-migranti di Grecia e Lituania, affermando che erigere barriere non è in contrasto con la legge europea, perché “qualunque Paese ha il dovere di proteggere il suo territorio”.  L’Italia non può erigere muri, ma continuare ad accogliere indiscriminatamente tutti sarebbe un azzardo che rischieremmo di pagare caro.

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