“Non siamo poliziotti e non vogliamo discriminare nessuno”: gestore si ribella al Green Pass e chiude il locale

Di Cristina Gauri – Roma, 9 ago — Non è passato in modo indolore il primo weekend di restrizioni dovute all’obbligo di esibire il Green pass per poter consumare al chiuso in bar e ristoranti.

Già il primo giorno ha fatto registrare un secco –25% negli accessi ai ristoranti al chiuso — calo che riguarda soprattutto le famiglie con minori over 12 non vaccinati al seguito — con conseguenze rovinose sull’economia che il tanto decantato Green pass avrebbe dovuto far ripartire. E tra gli esercenti c’è già chi ha incrociato le braccia, rifiutando di inchinarsi all’ennesimo abominio burocratico ideato dal governo dall’inizio della pandemia.

La “tentata gestione” del Green pass

E’ il caso di Cristian Lanzo, 35 anni, titolare del Café Gourmand di Busto Garolfo (Milano). «Non voglio che il mio bar si trasformi in una dogana, dove io devo decidere chi passa e chi no, con un sistema di norme difficile da tradurre in pratica: per questo farò a meno della parte al chiuso del mio locale, impedendo l’accesso», spiega ai microfoni del Giorno. La decisione arriva al termine di due esasperanti giorni di «tentata gestione», come la definisce lui. Tra intoppi e incomprensioni di ogni tipo, Lanzo ha deciso di chiudere la parte al chiuso del Café e di trasferire tutto all’esterno.

Il cartello

Il cartello appeso all’ingresso reca il medesimo messaggio postato sulla pagina Facebook del locale. «Cafe’ Gourmand informa i gentili clienti che sospenderemo momentaneamente le consumazioni all’interno del bar (quindi il servizio è valido solo all’esterno e al banco).
Riteniamo che la situazione sanitaria dei nostri clienti sia una questione privata e di libera scelta. La nostra è una decisione di principio: non abbiamo mai discriminato nessuno e mai lo faremo,non abbiamo intenzione di trovarci nel ruolo di controllare i documenti personali.
Il nostro rimane un luogo di socialità aperto a tutti».

“Non chiamatemi no vax”

Non siamo di fronte a un no vax, precisa lui. «No, non c’entra. Non sono vaccinato, ma solo perché attendo un approfondimento per una mia patologia: una volta risolta mi vaccinerò subito». Il motore alla base della scelta è l’esasperazione, e la volontà di far sopravvivere economicamente la propria attività. Costi quel che costi.

“Non sono un agente di polizia”

«Noi ci abbiamo provato nei primi due giorni», racconta. «Come tutti i decreti e le norme che si sono succeduti, tra confusione, paura delle multe, rinunce da parte dei clienti per vari motivi, abbiamo visto già da sabato un calo del lavoro. Togliere una persona dal banco per metterla a controllare il Green pass ha risvolti pratici da tenere in considerazione e riduce la qualità del servizio. È impensabile il controllo alla porta: si forma coda all’esterno e non tutti sono disposti a essere gentili e collaborativi. Io non sono un organo di polizia, non posso mettermi io a chiedere un documento».

Quel Green pass che divide le persone

Alcune situazioni rasentano il paradosso. «Ci è capitato di dover dividere famiglie perché magari il figlio non era vaccinato. Non è gradevole constatare che qualcuno esibisce il Green pass come motivo di vanto, e che altri osservano chi è vaccinato e chi no: fa pensare anche a una violazione della privacy, seppur declinata con una prospettiva ben diversa da chi è sceso in piazza per protestare negli ultimi giorni. Non è una questione di ideologia, ma così non faremo altro che peggiorare la situazione», puntualizza Lanzo.

I clienti accettano la scelta del ristoratore

L’iniziativa, peraltro, è stata ben accolta dai clienti del Gourmand. Niente musi lunghi o proteste, anzi. «C’è solidarietà da parte di tutti e hanno accettato, interpretando nel senso corretto, la nostra decisione — fa sapere il gestore — Fin quando la situazione sarà questa, manterremo questa posizione: vogliamo recuperare la normalità del quotidiano, applicando con correttezza le regole ma non portandole all’eccesso».

Cristina Gauri

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