Montepaschi? Il bancomat del PD: sponsorizzazioni, finanziamenti e prestiti per le feste dell’unità

Matteo Salvini sul Giornale chiede i nomi di partiti e politici che hanno avuto prestiti da Mps o dalla Fondazione della banca senese. E i nomi ci sono, eccome, ma a essere note sono solo le cifre del foraggiamento ai partiti della banca vicina al Pd, senza specificare il «chi».

Poche le eccezioni, come le annuali, prevedibili sponsorizzazioni delle feste dell’Unità e poi delle feste del Pd nell’area del Senese da parte di Mps, che «timbrava» col suo logo gli eventi dem. O la fondazione dalemiana, Italianieuropei, a cui nel 2009 andarono quasi 600mila euro di pubblicità. E lo stesso ex grande capo di Fondazione Mps e poi della stessa banca, Giuseppe Mussari, a titolo personale, tra 2002 e 2012, ha erogato lecitamente al Partito democratico quasi 700mila euro di finanziamenti, eloquenti quanto al rapporto in essere tra il management e il partito «di riferimento» della banca.

«Il Monte dei Paschi di Siena è stato usato come un bancomat dai partiti, ex Ds poi Pd in testa», scriveva il blog delle Stelle nel novembre del 2016, chiedendo chiarezza su «quei soldi dati soprattutto (80%) a grandi gruppi amici di partito o società partecipate e malgestite da Comuni e Regioni o chissà chi altro».

Dopo l’esplosione dello scandalo e l’inizio dell’odissea giudiziaria, qualche punta dell’iceberg è spuntata sopra le limacciose acque oscurate dalla privacy. Merito del lavoro ai fianchi dei piccoli azionisti e delle loro domande all’istituto di credito in occasione delle assemblee. Così nel 2018 i manager di Mps ammettono che la banca aveva erogato finanziamenti a favore di 13 differenti partiti politici, ritrovandosi crediti per circa 10 milioni di euro, il 97 per cento dei quali deteriorati ovvero «non performing». E oltre ai soldi distribuiti alle sigle politiche, chissà quali, c’erano altri 67 milioni di euro di finanziamenti erogati a persone politicamente esposte, ossia, raccontava il Fatto Quotidiano, «persone fisiche che occupano o hanno occupato importanti cariche pubbliche come pure i loro familiari diretti o coloro con i quali tali persone intrattengono notoriamente stretti legami». E di questo tesoretto di crediti vantati, aggiungevano nelle risposte agli azionisti i dirigenti del gruppo Monte Paschi, ben 61 milioni erano «non performing». Dunque i politici si erano fatti foraggiare e in grande maggioranza (più del 90 per cento) si erano ben guardati dal rimborsare i finanziamenti.

Il tema è poi tornato di attualità la scorsa primavera, quando i piccoli azionisti hanno ribadito gli stessi quesiti ai manager prima dell’assemblea dei soci tenuta ad aprile, ed è saltato fuori che a tutto il 2020 Mps vantava ancora crediti ma solo nei confronti di due partiti (sempre rimasti anonimi) per la più esigua cifra di 102mila euro (un anno prima i partiti erano 8 e il credito pari a 1.547 milioni di euro, 1,536 dei quali «in sofferenza») e a fare due conti viene da pensare che si tratti del solito dato «depurato» dai crediti deteriorati, anche se gran parte di questa cifra (97.930 euro, riferibile a un solo partito dei due finanziati) era «non performing».

Più sorprendente, invece, l’esistenza di crediti verso 1.048 persone politicamente esposte per complessivi 59.546.238,07 euro. E dei politici finanziati (alcuni ancora nel 2020, visto che nel 2019 i crediti verso i pep erano 785), stavolta solo 39, per un valore di poco meno di 1,4 milioni, erano stati declassati a «non performing».

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