L’immunologo Colizzi: “Inutile mandare i vaccini in Africa, gli africani non si vogliono vaccinare. Maggioranza no-vax”

Di Agnese Russo È «inutile far arrivare milioni di dosi di vaccini in Africa se prima non si è preparato un certo terreno culturale». A lanciare l’allarme sulla possibilità che lo sforzo del programma internazionale Covax, che prevede l’invio di vaccini nei Paesi a basso e medio reddito, sia vanificato perché non trova terreno per attecchire è stato l’immunologo, Vittorio Colizzi.

«I no-vax in Africa sono la maggioranza, c’è un grande problema per prepararli culturalmente alla vaccinazione anti-Covid», ha spiegato il docente di Roma Tor Vergata, chiarendo che le popolazioni africane «sono culturalmente resistenti alla vaccinazione».

Il rischio che mandare i vaccini in Africa sia «inutile»

«Molti lo considerano un virus europeo, occidentale. Il grosso lavoro da fare è quello di comunicazione alla popolazione», ha quindi aggiunto Colizzi, intervenendo al programma Genetica Oggi su Radio Cusano Campus. L’immunologo ha quindi portato l’esempio del vaccino per l’epatite B. «È disponibile da anni anche in Africa, ma se andiamo a vedere quante persone, soprattutto sanitari, si sono vaccinate, i numeri – ha spiegato – sono molto scarsi». Secondo l’immunologo, dunque, per contrastare l’epidemia di Covid-19 nel continente «il problema non è solo di dosi, ma culturale e richiede tempo». «Inutile – ha avvertito – fare arrivare milioni di dosi se non si è preparato un certo terreno culturale».

Una diversa percezione della morte

Per Colizzi c’è da considerare  anche che «la morte in Africa è percepita come un fatto culturale diverso rispetto ad altri Paesi. La morte è considerata un fenomeno molto più naturale che da noi. Loro dicono: “Che senso ha vaccinarsi con un vaccino fatto in Europa quando poi qui stiamo bene? Quelli che muoiono è perché devono morire”. C’è un diverso approccio culturale».

Colizzi: «Il virus circola come da noi, ma molti asintomatici»

Quanto alla tipologia di pazienti Covid, «in Africa abbiamo una popolazione che presenta una percentuale di asintomatici molto alta. Un po’ perché l’età media è bassa, sono popolazioni giovani. E un po’ perché, avendo avuto altre infezioni nel tempo, hanno sviluppato un’immunità naturale più forte». Quindi, ha chiarito il professore, «il virus circola nello stesso modo, ma le popolazioni sono meno sensibili rispetto ad altre popolazioni come quella italiana». E il rischio delle varianti? «Resta più o meno invariato, ma abbiamo poche informazioni su questo», ha aggiunto l’immunologo, riferendo che «attualmente i vaccini utilizzati in Africa sono quasi tutti ad adenovirus, quindi AstraZeneca e poi molto il vaccino cinese e lo Sputnik russo».

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