Abbiamo fatto un ragionamento politico che negare è da ipocriti, cioè che nelle città ci sia gia' una sostituzione etnica.
Ma utilizziamo questa espressione nel termine di un’accezione larga e molto politica. Negare che nelle città ci sia una sostituzione etnica è negare l’evidenza.
Ci sono città che hanno quartieri che appartengono ad una etnia, tant’è che per esempio si dà il nome di quella comunità a quell’insieme di vie per definirne un’area geografica.
Quando uno parla di “Chinatown” sta dicendo che è la comunità dei cinesi, che ha preso quella zona e, di fatto, l’ha caratterizzata completamente con la propria identità. Ed è quello che accade a Milano, a Torino, a Roma. Capita addirittura a Prato.
Questo vale per la comunità cinese, ma potremmo dire che vale anche per i latini a Milano.
Ci sono periferie di Milano che sono praticamente nelle mani dei latini, di queste comunità sudamericane: alcune vivono in perfetta sintonia con il tessuto urbano, altre invece non vivono in perfetta sintonia e si comportano in maniera arrogante e anche talvolta “banditedesca”, come quando ci sono comunità di latini che sfrattano le persone e assegnano gli alloggi tramite una mentalità malavitosa.
Quando ancora oggi leggiamo che “l’espressione era brutta” o che “l’espressione era infelice” e simili, allora io dico: andate a parlare con chi abita le periferie. Loro vi diranno: “A noi della bellezza semantica della politica, delle metropoli, non frega niente.
Se vi fa schifo quell’espressione noi vi diciamo che ci fa ancora più schifo abitare qui, dimenticati da tutto e da tutti“.
Ecco cosa vi diranno. Perché si parla di quello che capita nella normalità...Continua su Articolo Originale...
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