Definì Meloni “bastarda”. Ora Saviano va a processo ma chiede la “Grazia”!


Da qualche anno ormai esistono due Roberto Saviano. Il primo è lo scrittore di successo che ha pagato a carissimo prezzo la sua decisione di sfidare a viso aperto la Camorra.

C’è però un secondo Saviano, l’animale politico. Colui che ha deciso di sfruttare la notorietà per far conoscere le proprie opinioni su tutto quanto avviene nel Paese. E fin qui non ci sarebbe niente di male. Però l’ha fatto in una maniera – diciamo così… – poco ortodossa. Dividendo il mondo in buoni e cattivi e usando l’insulto come arma dialettica. Definendo, ad esempio, «ministro della malavita» il Matteo Salvini dell’era gialloverde.

E qui entra in gioco l’attualità. Il prossimo 15 novembre, infatti, a Roma si celebrerà la prima udienza del processo per diffamazione intentato da Giorgia Meloni nei confronti dello scrittore. La querela si basa sulla dura requisitoria che Saviano pronunciò nel dicembre 2020 nel talk “Piazza Pulita” nei confronti delle posizioni politiche dei leader della Destra sul tema immigrazione. Testualmente: «Vi sarà tornato alla mente tutto il ciarpame detto sulle ong: “taxi del mare”, “crociere”… viene solo da dire bastardiA Meloni, a Salvini, bastardi, come avete potuto?

Nel novembre 2021 il giudice per le indagini preliminari definì «esorbitante, rispetto al diritto di critica politica, l’epiteto “bastarda”» e decise il rinvio a giudizio dello scrittore.

Ieri, su “La Stampa”, è stata pubblicata una lettera-appello di Burhan Sonmez, presidente della Pen International, associazione mondiale di scrittori «dedita alla difesa della libertà di espressione». Sonmez si rivolge a Giorgia Meloni e le chiede di ritirare la denuncia, descrivendo «una tendenza preoccupante in Italia, dove giornalisti e scrittori lavorano consapevoli di poter essere denunciati e incarcerati per quello che dicono o per quello che scrivono». Saviano ha rilanciato l’appello e ringraziato Sonmez.

Ora, se si crede davvero in quel che si dice e se si rivendica orgogliosamente la possibilità di insultare qualcuno, altrettanto orgogliosamente occorrerebbe essere pronti ad affrontarne le conseguenze, senza chiedere la «grazia» alla vigilia del processo...Continua su Articolo Originale...

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