Palazzo Chigi assediato, sede Cgil assaltata: governo terrorizzato teme l’escalation: volti mai visti, non solo giovani

Da Corriere della SeraLa piazza che sfugge di mano e mette a soqquadro un pezzo di città è un segnale di doppio allarme: per la sottovalutazione di ciò che sarebbe potuto accadere e per quello che potrebbe succedere nei prossimi giorni e settimane. L’accerchiamento a palazzo Chigi dopo gli attacchi in altre parti di Roma, a cominciare dall’assalto alla Cgil, ha forse colto di sorpresa l’apparato della prevenzione e della sicurezza.

Preparato a una manifestazione sulla falsariga delle precedenti, con qualche tensione ma senza degenerazioni. Invece è andata diversamente, anche se la giornata s’è conclusa senza bilanci troppo pesanti. Tuttavia resta l’immagine dei blindati che vacillano sotto la pressione dei manifestanti, che fa il paio con il furgone piazzato davanti al portone della sede del governo, come un ultimo sbarramento preventivo.

Di qui la grande attenzione del ministero dell’Interno e della presidenza del Consiglio per la possibile escalation delle proteste, di cui gli episodi di ieri sono una spia. Soprattutto in un clima di tensione in vista della scadenza del 15 ottobre, quando scatterà l’obbligo del Green pass per tutti i lavoratori, e in un clima elettorale che potrebbe non limitarsi ai ballottaggi in programma domenica prossima.

Ecco perché sul turbolento sabato pomeriggio romano sono già in corso, nei palazzi della sicurezza, analisi e considerazioni per individuare strategie e interventi più adeguati rispetto a quanto programmato. Soprattutto sul piano della prevenzione, per evitare che situazioni simili possano ripetersi e degenerare in maniera più grave. Decisioni da prendere sulla scia dell’atteggiamento ribadito dal governo: garantire il diritto al dissenso, ma senza aggressioni e intimidazioni, nella consapevolezza che sulla campagna di vaccinazione non ci saranno retromarce.

Conciliare tutto questo con una piazza in subbuglio non è semplice, come s’è visto ieri. Dopo il raduno in piazza del Popolo — che ha visto una presenza più massiccia del previsto, decisa ma apparentemente pacifica — i dimostranti si sono sparpagliati dando vita ai primi incidenti. Innescati dai «professionisti dello scontro».

Ma accanto a queste abituali presenze, è comparso qualcosa di diverso. In strada, pronte a fronteggiare i celerini in tenuta antisommossa, c’erano persone a viso scoperto, uomini e donne non più giovani che gridavano esasperati, immobili e quasi indifferenti al getto degli idranti. Presenze quasi «spiazzanti» per chi deve resistere e se del caso caricare. Per di più in un pomeriggio prefestivo dal clima primaverile, con tanta altra gente che occupava il centro di Roma per passeggiare e fare acquisti.

Un anno fa, quando si annunciavano nuove chiusure per la seconda ondata della pandemia, la protesta dei commercianti venne infiltrata da estremisti politici e gruppi di ultras che volevano sfruttare l’occasione per tornare a menare le mani e mettere in difficoltà le forze dell’ordine. Stavolta non sembra così. A sostegno, o a rimorchio, di chi potrebbe fomentare e strumentalizzare i disordini c’è una parte di popolazione — minoritaria, ma capace di cambiare volto ai raduni — decisa a non arrendersi alle decisioni del governo. Persone che hanno poco o niente a che fare con le frange violente conosciute, ma che evidentemente sono pronte alla sfida. Anche se può degenerare.

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