La cialtronata di Landini: con la scusa della (finta) emergenza fascismo, dà la volata ai candidati PD in pieno silenzio elettorale

Di Carlantonio Solimene – Una manifestazione sacrosanta. E però con un difetto: la data. Perché sabato 16 ottobre, il giorno in cui i sindacati uniti scenderanno in piazza a Roma al grido di «mai più fascismi», cade anche la vigilia del ballottaggio delle Amministrative nella Capitale. In momento nel quale, teoricamente, dovrebbe vigere il silenzio elettorale.

E che, invece, rappresenterà un’occasione di scontro tra sinistra e destra. «Sabato prossimo saremo in piazza a Roma uniti per dare una indicazione al Paese e all’Europa: Cgil, Cisl e Uil sono uniti per cambiare questo Paese e invito tutte le forze democratiche a unirsi a noi» ha detto Maurizio Landini cercando di estendere la partecipazione nella maniera più ecumenica possibile.

D’altronde, la protesta contro la violenza non può essere materia di una parte politica ma dovrebbe unire tutto l’arco costituzionale. Vero. Ma in quel condizionale sta tutto il problema. Perché nonostante l’assalto alla Cgil portato dalle frange estremiste dei no green pass sia stato condannato praticamente da ogni esponente politico, le sfumature delle varie dichiarazioni hanno riportato in auge la solita contrapposizione tra antifascisti e presunti fascisti.

Basti pensare alla sfida dialettica di ieri tra Enrico Letta e Giorgia Meloni, con la seconda che ha definito «squadrismo» l’agguato di sabato ma ha aggiunto di non aver chiara quale fosse la «matrice politica» delle violenze. E il segretario Pd che ha replicato invitando la leader di Fratelli d’Italia a «evitare ogni ambiguità» e definire chiaramente fascisti gli assalitori della sede nazionale della Cgil. C’è di più: perché la campagna elettorale che volge al termine è stata segnata – come e più delle precedenti – dalle polemiche sulla presunta ritrosia di FdI e Lega a tagliare i ponti con le frange più «nere» dell’elettorato

. Oltre che dalle accuse di aver in qualche modo «coperto» politicamente i contestatori del green pass. Cosa accadrà se esponenti dei partiti della Meloni e Salvini decidessero di partecipare alla manifestazione dei sindacati? Magari nulla. Ma forse è più probabile che si ripeta quanto successo ieri al governatore della Puglia Michele Emiliano, «respinto» alla sede della Cgil a Nardò nonostante sia del Pd e solo perché, recentemente, ha ribadito la sua amicizia al locale sindaco, Pippi Mellone, di destra. Non a caso tanto Forza Italia che Salvini hanno già escluso la propria presenza: “Ho visto che nonostante ci siano i ballottaggi la sinistra organizza delle manifestazioni il sabato. Ma come? Prima del voto non bisognerebbe stare in silenzio?” ha attaccato il leader della Lega.

La manifestazione, insomma, da momento di riconciliazione nazionale contro un pericolo eversivo si trasformerà nel raduno di una parte politica direttamente coinvolta, il giorno dopo, nei due principali ballottaggi comunali, a Roma e Torino. Con applausi all’«amico» Roberto Gualtieri e fischi all’«antisemita» Enrico Michetti. Che il cuore della piazza batta da una parte piuttosto che dall’altra, peraltro, è confermato anche dall’elenco degli organizzatori. Accanto a Cgil, Cisl e Uil, infatti, non è stata coinvolta l’Ugl, sindacato «di destra», nonostante il segretario generale Paolo Capone sia stato tra i primi a solidarizzare con Landini e a definire «gesto vile» l’assalto dei manifestanti. Arruolare anche l’ex Cisnal avrebbe rappresentato un segnale di vera «unità nazionale». Peccato.

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