Finite le elezioni, non c’è più l’emergenza “fascismo”. Mieli e Mentana svergognano gli antifascisti di sinistra

Di Valerio Falerni «Anche per questa volta il pericolo dell’insediamento di un regime nazi-fascista è scongiurato. Riemergerà con estrema gravità, nei 45/60 giorni prima della prossima scadenza elettorale. La Meloni da oggi torna ad essere una peracottara pesciaiola della Garbatella». L’amara riflessione è di Guido Crosetto, che l’ha riversata in un tweet.

Il cofondatore di Fratelli d’Italia coglie nel segno. Un primo cambio di passo lo si è registrato già ieri sera durante la “maratona Mentana” sui risultati elettorali. È stato Paolo Mieli, tra lo stupore imbarazzato dei suoi ospiti, segnatamente Maurizio Damilano (L’Espresso) e Alessandro De Angelis (Huffington Post), a sottolineare la strumentalità dell’antifascismo elettorale.

Mieli e Mentana contro l’antifascismo elettorale

«Com’è possibile – ha chiesto non senza una punta di polemica – che questo temi spunti magicamente in ogni tornata elettorale». L’ex-direttore del Corriere della Sera, autodefinitosi «antifascista per tradizione familiare», ha ricordato come già nel 1946 analoga “accusa” fosse toccata persino ad Alcide De Gaspari, reo agli occhi dei socialcomunisti di aver rotto «l’unità antifascista» sbarcandoli dal governo.

E da allora, ha proseguito Mieli, «“fascisti” sono diventati FanfaniCraxiBerlusconi e persino Renzi». «Il fascismo – ha rincarato la dose Enrico Mentana – è come il conflitto d’interesse di Berlusconi. Ricordate? Lo tiravano fuori solo quando il Cavaliere era al governo e spariva magicamente quando tornava all’opposizione».

L’ironia dell’«epurato» Durigon

Mieli e Mentana, due insospettabili ed autorevolissime voci (e volti) del giornalismo che calcano l’accento su questa anomalia tutta italiana. Va anche detto che il loro esempio trascina molto poco. Ieri, ad esempio, sempre Mieli ha citato il libro di Antonio Padellaro (Il Fatto Quotidiano) che racconta dei colloqui riservati tenuti, tra il 1977 e il 1979, da Almirante e Berlinguer per scambiarsi informazioni sui rispettivi mondi giovanili, entrambi a rischio “risucchio” nella lotta armata.

Fatti che dovrebbero indurre chi fa giornalismo a tenere conto della complessità della storia. Invece, accade il contrario e tutto diventa “pericolo nero. Almeno fino al giorno delle elezioni. Poi, una volta aperte le urne, ci si accorge che i fascisti non esistono. Altrimenti, come ha giustamente ricordato l’ex-sottosegretario Claudio Durigon, «avrebbero votato».

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