Assalto alla Cgil, Burioni (finalmente) ne dice una giusta: “Dare la colpa ai ‘Fascisti’ è la versione più comoda, ma la verità verrà fuori”

Di Guido Liberati – “Siete sicuri che quelli che hanno attaccato ieri la sede della Cgil siano tutti fascisti? Io no. Alcuni sì, ma non tutti. Forse dare la colpa ai soli fascisti è la versione più comoda, ma la verità è ostinata e infine salta fuori“. Così Roberto Burioni ha deciso di invitare il popolo di Twitter a riflettere.

Il cinguettio del virologo non è stato ripreso dagli organi di stampa, ad eccezione de Il Giornale e pochi altri. Diversamente, sui Social, sono arrivate molti retweet del pensiero controcorrente di Burioni. Tanti utenti concordano con il medico (politicamente vicino al Partito democratico).

Non mancano, ovviamente, le granitiche certezze espresse da chi è certo che sia stata un’azione fascista. All’insegna del motto che Burioni non ha rispettato che «se sono violenti, sono sicuramente fascisti».

Burioni non crede alla colpa dei “soliti fascisti”

Di certo, il tweet sibillino del virologo faceva riferimento a qualcuno che evidentemente ancora non è uscito ufficialmente allo scoperto nei video e sui giornali. Saranno infatti le indagini compiute dalla procura di Roma, con la quale lavora anche un magistrato dell’antiterrorismo, a stabilire le responsabilità di tutti i partecipanti.

C’è chi ironizza: «Non escludo che con Fiore, Castellino e Aronica sulla soglia ci fosse anche qualche ciellino, ma gli indizi la definiscono, la matrice». E altri che commentano facendo riferimento ad altri episodi. «Concordo. Ci sono frange estreme e violente anche tra i no vax. Si spalleggiano e si amalgamano senza soluzione di continuità. Vedasi bottigliata in testa all’infermiera dell’Umberto I».

Sabato pomeriggio a Milano, come ha scritto Massimo Pisa su Repubblica, in prima fila tra i No Green Pass, c’era anche Fabio Zerbini, leader dei “Sì Cobas”, collocato politicamente all’estrema sinistra. E non finisce qui. «Una ventina dei quarantotto denunciati per interruzione di servizio pubblico e violenza privata» per gli scontri milanesi, fa parte «dell’attivismo di qualche scheggia anarchica, o militante in collettivi studenteschi o nel sindacalismo di base». La Questura di Milano li ha definiti con una espressione involuta e criptica «espressione di gruppi d’area». Guai a chiamarli “comunisti”.

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