Medico rifiuta di vaccinare una donna incinta per precauzione: “Torni col certificato”. Scatta il linciaggio mediatico

Di Cristina Gauri – Venezia, 15 set — Rifiuta di somministrare il vaccino a una donna incinta esortandola, per scrupolo, a ritornare con un’attestazione di buona salute redatta dal ginecologo: per tutta risposta le associazioni mediche lo crocifiggono. Lo riporta il Corriere del Veneto.

Donna incinta respinta al centro vaccini: “Torni con certificato di buona salute”

E’ accaduto lo scorso 7 settembre a Venezia, nel centro vaccinale di piazzale Roma, dove  un medico di servizio ha rispedito dal ginecologo una donna al terzo mese di gravidanza arrivata per vaccinarsi, chiedendole di tornare con un certificato di buona salute — sua e del feto — per assicurarsi di poter procedere con la somministrazione del siero in tutta tranquillità. «Si richiede il certificato del ginecologo che segue la signora… per poter procedere alla vaccinazione anti-Covid, come da decisione dei medici vaccinatori in caso di gravidanza».

Decisione dettata dalla prudenza

Un atteggiamento dettato dalla prudenza, che al dottore è costata la gogna. «E’ una decisione che abbiamo maturato noi vaccinatori — spiega il medico protagonista della vicenda —. Non c’è ancora una letteratura scientifica consistente sugli effetti che l’anti-Covid potrebbe sortire nelle gestanti e nel feto, quindi prima di somministrarlo dobbiamo stare molto attenti e conoscere bene lo stato di salute della paziente. In caso di eventi avversi, la responsabilità è nostra».

Scatta la gogna

Preoccupazioni e scrupoli legittimi, che invece hanno fatto andare su tutte furie il ginecologo curante della signora. La quale era arrivata all’hub senza anamnesi completa. «È vero, le ho consigliato di portarmi il certificato del ginecologo, che peraltro mi ha telefonato e insultato. Ma abbiamo dato all’utente l’opportunità di tornare con la documentazione richiesta in qualsiasi momento e senza prenotazione. E infatti si è ripresentata 24 ore dopo con l’attestazione dello specialista e l’abbiamo regolarmente vaccinata», spiega.

Essendo la gravidanza uno stato delicato, i medici devono poter disporre «del quadro psico-fisico completo di una gestante. Si è trattato di un caso isolato, di solito le donne incinta arrivano con la cartella clinica, a tutela loro e nostra. Le dico di più: tra i vaccinatori del nostro hub, che somministra 500 dosi al giorno, c’è un ginecologo e anche lui prima di immunizzare una donna in gravidanza chiede il via libera del collega che la segue».

Parte la condanna dalle associazioni mediche 

L’episodio non è piaciuto al dottor Giancarlo Stellin, segretario reginale dell’Aogoi (Associazione ostetrici ginecologi ospedalieri italiani): «Veramente l’anamnesi pre-vaccinazione dev’essere redatta proprio dal sanitario che poi procederà alla somministrazione. E comunque l’anti-Covid è fortemente raccomandato fin dal primo trimestre di gestazione, proprio perché la donna incinta è in condizioni immunitarie più impegnative. Non c’è nessuna controindicazione, il problema è che più di qualche collega non vuole assumersi responsabilità». E chiamali scemi.

Una premura verso una donna incinta distorta in negligenza

Gli fa eco Francesco Noce, presidente regionale dell’Ordine dei Medici: «Trovo abbastanza strano che i colleghi vaccinatori abbiano concordato tra loro di non somministrare l’anti-Covid a una donna incinta senza un certificato del ginecologo. Non l’ho mai sentito da nessuna parte, anche perché è assurdo costringere la paziente ad andare dallo specialista e poi a tornare all’hub, facendole fare una spola tra strutture sanitarie che la espone al pericolo di contagio». Insomma, nell’era del Covid e delle vaccinazioni whatever it takes il mondo va alla rovescia: uno scrupolo, un’attenzione in più per la paziente viene rubricato come grave insubordinazione e stigmatizzato dai colleghi. Mala tempora currunt.

Cristina Gauri

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