“Io no faccio tampone”: con questa escamotage i clandestini riescono ad evitare l’espulsione dall’Italia

Gli immigrati irregolari sfruttano le regole sanitarie dell’emergenza Covid per evitare le espulsioni. È quello che succede nel centro di via Corelli, a Milano, come in altre strutture simili in Italia. Domani ne parleranno le Regioni. «L’escamotage è semplice – spiega l’assessore alla Sicurezza della Lombardia, Riccardo De Corato (Fdi) – basta rifiutarsi di eseguire il tampone».

Le compagnie aeree e marittime, infatti, richiedono con certificazione che i passeggeri siano negativi al Coronavirus. Non essere sottoposti al test (quello che milioni di italiani hanno già fatto, anche i bambini) equivale alla garanzia di restare sul suolo italiano. Quindi gli immigrati, che inizialmente mostravano rare contrarietà, adesso rifiutano regolarmente i tamponi.

E le espulsioni che in via Corelli viaggiavano al ritmo di 5-6 al giorno, da gennaio si sono ridotte a due al mese circa: praticamente viene espulso solo chi vuole andar via, o chi è diretto ai pochi Paesi che non pretendono garanzie sanitarie. Gli altri, restano. «Succede – racconta l’assessore – che persone destinatarie di espulsione dopo aver commesso magari reati come rapina e stupro, dopo 120 giorni possano tornare libere. È chiaro che questo trucchetto ormai è risaputo da chi è nella struttura: tutti lo usano perché sanno che non esiste una legge che li obblighi a sottoporsi al tampone». «Alcuni agenti – rivela l’assessore – mi hanno raccontato che spesso gli extracomunitari tornati liberi vengono subito riarrestati per rapina o altri reati contro il patrimonio».

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