Censura, toghe rosse di Torino intimano a Telegram: “Oscurare subito chat anti Green Pass ‘Basta dittatura’”

Di Cristina Gauri – Torino, 6 set — Aria di censura anche su Telegram, ma non per volontà dei creatori dell’app: nessuna violazione di policy da parte degli utenti. La procura di Torino ha invece appena emesso un decreto di sequestro della chat «Basta dittatura», che nelle ultime settimane è finita al centro delle polemiche per essere diventata uno dei principali canali di comunicazione e coordinamento delle proteste di no green pass e no vax. E’ quanto riportato dal quotidiano La Stampa, nella cronaca locale, citando autorevoli fonti di Palagiustizia.

Il pm: “Chiudere la chat Telegram Basta dittatura”

Con il provvedimento, firmato dal pm Valentina Sellaroli s’intende fermare il mezzo «attraverso il quale sarebbero stati commessi i reati ipotizzati dagli inquirenti: istigazione a delinquere e ripetute violazione della privacy». La chat di Telegram «Basta dittatura» aveva pubblicato, nei giorni scorsi, i numeri di telefono di Palazzo Chigi, dall’ufficio per la Comunicazione a quello del programma di governo, ma anche di alcuni famosi virologi «da salotto tv» come Bassetti e Pregliasco, diventati poi oggetto di minacce e intimidazioni per via telefonica.

Dall’app tutto tace

«Il testo del provvedimento è stato recapitato a «una mail istituzionale di Telegram che si chiama ‘Collaborazione volontaria’ utilizzato dall’autorità giudiziaria per informare la struttura legale del social di quanto si richiede e si ritiene opportuno fare». L’intento del pm è quello di chiudere il canale per «fermare la deriva di annunci e pubblicazioni in un crescendo di toni minacciosi».

Al momento, però, tutto tace in casa Telegram. Nessuna risposta è pervenuta alla procura sabauda, la chat è pertanto funzionante e attiva, forte della presenza di più di 40mila iscritti. Che fare quindi? Probabile che i magistrati stiano valutando di attendere ancora qualche giorno. Se dalla app di messaggistica istantanea non dovesse arrivare alcun riscontro, a quel punto i pm potrebbero avviare una rogatoria internazionale».

Cristina Gauri

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