Per il delirante Conte la Sharia è solo “severa”. E insiste sul dialogo con i tagliagole talebani.

Di – L’ex premier Giuseppe Conte ha definito le regole della sharia “severe”. Sono le cronache che provengono dal Meeting di Rimini a riportare un’altra presa di posizione dell’avvocato originario di Volturara Appula sul contesto afgano.

Pure questa volta, la versione di Conte sembra destinata far discutere. Dopo il “serrato dialogo” con i talebani (considerazioni che per Conte sono state strumentalizzate per fini politici), del resto, il leader del MoVimento 5 Stelle si è esibito con un giudizio sull’interpretazione della sharia da parte dei fondamentalisti che operano in Afghanistan.

E l’aggettivo scelto per le norme che stanno per tornare in auge in quella zona di mondo è “severe”. In termini oggettivi, si direbbe che la definizione contiana oltrepassa per gentilezza il piano del politicamente corretto. Giusto per usare un eufemismo. È utile ricordare come in Afghanistan, dove i talebani, quando hanno governato, non hanno rispettato tutta una serie di diritti di base, stia per essere imposta una tipologia di sharia che viene contestata dallo stesso mondo musulmano.

L’imam Yahya Sergio Yahe Pallavicini, numero uno della CO.RE.IS ed imam di Milano, rilasciandoci questa intervista qualche giorno fa, ha detto che “non esistono segni di cambiamento (da parte dei talebani, ndr) su questi elementi: dignità della donna; libertà religiosa; abbandono delle armi come strumento di conquista; non cercare un sostentamento al loro potere economico tramite coltivazione e spaccio di sostanze stupefacenti…”. Insomma, per la guida musulmana che opera nella città meneghina, non si tratta di essere “severi” o no, ma al limite di essere “terroristi” e “criminali” o no.

Il vertice pentastellato, stando a quanto ripercorso dall’Agi, si è lasciato andare alla considerazione sulla sharia dalle regole “severe”, mentre parlava con i giornalisti presenti al Meeting. Prima il grillino ha di nuovo insistito sul “dialogo” con i fondamentalisti: “Non ritengo – ha detto Conte – che i talebani siano affidabili per un dialogo però dico che in questo momento la guerra è finita. L’alternativa che ci si offre – ha aggiunto – è di lasciare la popolazione afghana abbandonata a sé stessa”.

Poi, però, è arrivata la riflessione sulla sharia“Non sarà facile raggiungere un risultato ma abbiamo un dovere, un imperativo etico di tentare, per offrire una qualche protezione alla popolazione che è rimasta lì e non si rassegna alle severe regole della sharia”, ha chiosato l’ex presidente del Consiglio. Tutto questo, peraltro, avviene dopo un panegirico contiano sulla necessità di curare le parole“Nel nuovo corso del M5S la cura delle parole sarà molto particolare”, ha fatto presente il neo-vertice pentastellato nel corso della mattinata di oggi, così come ripercorso dall’Adnkronos.

Insomma Conte ha dapprima, forse preso da un afflato intellettualistico, battuto sulla necessità di utilizzare parole che guardassero verso la direzione della “rivoluzione gentile”, così come l’ha definita, e poi associato il sin troppo gentile “severe” alle norme della sharia talebana. Ci sembra quasi inutile ricordare quanti e quali diritti stiano per essere negati in Afghanistan alle donne, ma pure agli uomini ed alla popolazione in generale. Un quadro che ha del “terribile” più che del “severo”.

Ma ora Conte si è messo ad avanzare “proposte gentili”. Tanto gentili da non identificare le brutalità per quelle che sono. Tra le regole “severe” dei talebani: mutilazioni, condanne arbitrarie a morte, obbligo di burqa per le donne, inesistenza di diritti di base, lapidazioni (per esempio nei confronti degli omosessuali) e così via.

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