La sacrosanta proposta della Lega: “Al professor De Donno una medaglia al valor civile”

Di Alessandra Benignetti Il vice ministro leghista alle Infrastrutture, Alessandro Morelli, scrive al Viminale per chiedere di insignire l’ex primario dell’ospedale di Mantova, inventore della terapia anti-Covid con il plasma iperimmune, della medaglia al valor civile.

Insignire il professor Giuseppe De Donno, l’ex primario di pneumologia dell’ospedale Carlo Poma di Mantova, inventore della terapia al plasma iperimmune per i malati di Covid, morto suicida lo scorso luglio, di una medaglia al valor civile “per avere perseguito in tutta la sua opera professionale il progresso della scienza e più in genere il bene dell’umanità”.

È la proposta del vice ministro leghista alle Infrastrutture e Mobilità sostenibili, Alessandro Morelli, che ha messo nero su bianco la richiesta in una lettera inviata al ministro Luciana Lamorgese. È il capo del Viminale, infatti, a proporre al presidente della Repubblica il conferimento di questo tipo di onorificenze, che con la legge n. 13 del 2 gennaio 1958 sono state istituite per “premiare atti di eccezionale coraggio che manifestano preclara virtù civica e per segnalarne gli autori come degni di pubblico onore”.

Tra questi atti rientra anche “il progresso della scienza” e il “bene dell’umanità”. Un bene che, secondo il vice ministro del partito di Matteo Salvini, ha “perseguito in tutta la sua opera professionale”. “De Donno si è tolto la vita lo scorso 27 luglio per ragioni ancora da chiarire. È stato il primo medico italiano a sperimentare l’utilizzo del plasma iperimmune per curare i pazienti colpiti dal Covid-19.

Una intuizione arrivata durante la prima fase della pandemia, in un momento storico in cui la scienza era letteralmente disarmata di fronte all’avanzata del virus”, ha spiegato Morelli. “Chi è stato al fianco dell’ex primario di pneumologia in quei giorni difficili ricorda la dedizione e il coraggio con cui si è speso per dare una opportunità terapeutica ai pazienti”, ha ricordato il vice ministro, sottolineando come “gli studi dicono che la cura al plasma iperimmune è efficace nelle fasi precoci della malattia, arrestandone il decorso e prevenendo le ospedalizzazioni”.

La medaglia al valor civile, ha spiegato ancora Morelli, è un “riconoscimento destinato a chi si è distinto per ‘salvare persone esposte ad imminente e grave pericolo’ e ‘per il progresso della scienza od in genere per il bene dell’umanità’”. “Ritengo – conclude il leghista in una nota – che il compianto professor De Donno abbia incarnato a pieno lo spirito della norma”.

Il medico mantovano è stato tra i primi a curare i malati di Covid con il plasma dei guariti. Pur trattandosi di una cura sperimentale, una parte del mondo scientifico l’aveva riconosciuta come efficace nel contrastare le forme gravi della malattia, grazie ai buoni risultati ottenuti in alcuni ospedali della Lombardia e dell’Emilia-Romagna. In tanti, però, si erano mostrati scettici e lo scorso aprile un comunicato dell’Aifa aveva sancito lo stop alle cure con il plasma ad alto titolo di anticorpi neutralizzanti, dopo che uno studio aveva rilevato come la terapia non evidenziasse “una riduzione del rischio di peggioramento o morte nei primi trenta giorni”.

Dopo quasi trent’anni di servizio all’ospedale di Mantova, lo pneumologo 54enne si era dimesso e aveva iniziato a lavorare come medico di base a Porto Mantovano all’inizio di luglio. Il 28 dello stesso mese, il corpo senza vita del medico è stato trovato all’interno della sua casa di Eremo, frazione comune di Curtatone. De Donno si sarebbe tolto la vita impiccandosi.

Con tutta probabilità si è trattato di un gesto volontario, ma la procura locale indaga anche per istigazione al suicidio. Secondo il vice ministro Morelli De Donno è stato “vittima di una feroce campagna mediatica che lo ha costretto a lasciare i vertici della sanità Mantovana”. Nonostante ciò, sottolinea ancora l’esponente del governo nella missiva inviata al Viminale, “Giuseppe De Donno proseguì il suo lavoro, umilmente, continuando a prendersi cura delle persone, in condizioni sempre più difficili”.

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