E adesso chi si inginocchia per le donne afghane? Boldrini, Murgia, femministe rosse, dove sono finite?

– Il 15 agosto i talebani sono entrati a Kabul. In un attimo, ci siamo trovati di fronte a una drammatica crisi umanitaria, ingestibile con i soliti slogan. Dal 15 agosto, i giornali, i social, le tv stanno informando i cittadini su ciò che sta accadendo in Afghanistan. Fra corridoi umanitari e ritorno alla sharia, il Paese si trova ancora una volta nel caos più totale. Interpreti, collaboratori, giornalisti, civili, qualche migliaio di afghani e militari sono già riusciti ad abbandonare la terra dell’inferno, ma purtroppo sono molti di più quelli che si ritrovano fra le grinfie di invasati islamici.

Come è ormai risaputo, a pagare il prezzo più alto di questo cambio di potere sono le donne. “Siamo impegnati a rispettare i diritti delle donne sotto il sistema della sharia“, ha detto il portavoce dei talebani, Zabihullah Mujahid, durante la sua prima conferenza stampa in favor di telecamera. Una conferenza stampa fuffa, volta a ingannare tutto il mondo. Perché le loro intenzioni sono altre (le donne non possono più uscire di casa, andare a scuola, vestirsi all’occidentale etc) e perché il loro volto violento non è mai cambiato (giorno e notte ammazzano civili e funzionari di Stato come fossero mosche).

Ma per capire la loro tattica da quattro soldi non ci vuole un genio. Solo sentendo pronunciare “donne”, “sharia” e “diritti” nella stessa frase deve suonare più di un campanello d’allarme. Ma questo non è accaduto a Giuseppe Conte che ha creduto ai talebani ben accomodati nel Palazzo presidenziale. Giuseppi, infatti, ha trovato nelle loro parole, nelle fucilazioni, nei rastrellamenti un “atteggiamento abbastanza distensivo” tanto da sentirsi in dovere di intavolare un dialogo con questi soggetti.

E se l’ex presidente del Consiglio per un attimo (ha fatto marcia indietro poi) ci ha creduto, i talebani no. Ci spieghiamo. Dopo “l’atteggiamento distensivo” – per non sembrare troppo buoni – hanno voluto precisare: “Sotto il dominio dei talebani, l’Afghanistan non sarà una democrazia ma seguirà la legge della sharia. Non ci sarà affatto un sistema democratico perché non ha alcuna base nel nostro Paese. Non discuteremo quale tipo di sistema politico dovremo applicare in Afghanistan perché è chiaro: è la legge della sharia e basta”. Parole inequivocabili e vergognosamente vere.

Ecco, tutto questo discorso per dire cosa? Per evidenziare un silenzio assordante. Da parte delle femministe e della sinistra sono arrivati solo pochi messaggi monotoni “aiutiamo le donne afghane”, “apriamo a corridoi umanitari, “accogliamole”. Messaggi sporadici. Eppure, eravamo convinti che le Boldrini di turno avrebbero iniziato a stracciarsi le vesti per le condizioni disumane nelle quali vengono costrette a vivere le donne. Eravamo convinti che dal 15 agosto in poi avremmo trovato su tutti i social mani scarabocchiate con l’hashtag Afghanistan. Addirittura, eravamo convinti di imbatterci nel Letta-maestrino che ci sgrida perché non ci siamo inginocchiati di fronte a tale tragedia. E invece… niente. Qualche condanna qua e là, qualche tweet di solidarietà, qualché pensierino della sera senza mai pronunciare quella parola: islam. Nessuno è stato in grado di dire che il fondamentalismo islamico sta ammazzando migliaia di persone. Nessuno si è inginocchiato per queste donne che vogliono solo essere libere. Che non vogliono più essere trattate come bestie.

Ps: questa sera è ricominciato il campionato di Serie A. Non ho visto fasce con la bandiera dell’Afghanistan, non ho visto calciatori inginocchiati. Ma non ho nemmeno visto lo sdegno della politica per la mancanza di tutto ciò.

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