La guerra di Putin alle Ong, da quelle di Soros a quelle islamiste: ecco la legge per “cacciarle” dal territorio russo

Di Lorenzo Berti – Roma, 7 giu – Non solo Soros. Ha fatto discutere nei giorni scorsi l’approvazione in Russia di un disegno di legge che vieta la partecipazione alle elezioni, sia in forma attiva come candidati che in forma passiva come votanti, ai sostenitori di organizzazioni catalogate come estremiste. I leader di queste organizzazioni saranno banditi dai seggi elettorali per cinque anni mentre i semplici simpatizzanti solo per tre. Per quanto riguarda l’ineleggibilità sarà il tribunale ad esprimersi sui singoli casi. Le misure riguardano anche coloro che finanziano, fanno propaganda o partecipano attivamente a manifestazioni e hanno validità retroattiva per chiunque abbia avuto legami negli ultimi tre anni.

La Russia limita l’attivismo delle organizzazioni eterodirette

La narrativa progressista racconta che il provvedimento è stato voluto per impedire al movimento di Navalny di essere protagonista alle prossime elezioni parlamentari di settembre. Chiunque abbia una minima conoscenza della politica russa non può che sorridere di fronte a queste affermazioni. Il peso politico di Navalny in patria è infatti del tutto ininfluente e lo stesso blogger è già da tempo incandidabile in quanto condannato per frode e appropriazione indebita. La strategia elettorale di ‘smart voting’ portata avanti dai suoi seguaci, che consiste nel dare indicazione di voto a favore del candidato di opposizione con maggiori chance di vittoria, si è rivelata più volte fallimentare.

La nuova legge è in realtà una reazione all’intensificarsi negli ultimi anni dell’azione da parte di gruppi che cercano di indebolire la stabilità dello Stato russo. Quasi sempre si tratta di organizzazioni eterodirette e finanziate da Washington, pur avendo natura e scopi diversi tra loro.

Dalle Ong legate a Soros agli islamisti, ecco i “banditi” dalla Russia”

Tra i soggetti destinati a finire nella ‘black list’ del Cremlino ci sono noti strumenti internazionali di propaganda atlantista. Tra questi: la ‘Fondazione Anticorruzione’ di Alexey Navalny, ‘Open Russia’, diramazione della Open Society Foundation dello speculatore George Soros, e la ‘National Endowment for Democracy’, agenzia voluta dalla CIA ai tempi della Guerra Fredda e finanziata direttamente dal Congresso degli Stati Uniti. E ancora: il  ‘German Marshall Fund’, think tank americano con sede in Germania tra i principali oppositori del progetto energetico North Stream 2. Oltre a queste Ong di propaganda diretta, gli Stati Uniti sostengono attivamente anche altre organizzazioni ideologicamente riconducibili a due differenti filoni: l’islamismo radicale e gli ultranazionalisti.

Il terrorismo islamico è stato il primo problema a dover essere fronteggiato da un neoeletto Vladimir Putin nel 1999 con la Seconda Guerra di Cecenia. Da lì in poi la regione è stata pacificata ma il livello di guardia verso le formazioni islamiste resta molto alto, soprattutto dopo la strage di Beslan nel 2004 e l’intervento in Siria contro l’Isis. Altrettanto attentamente, seppur con minore preoccupazione, vengono monitorate anche le attività dei gruppi ultranazionalisti. E’ in quell’ambiente infatti che solitamente sono reclutati i cosiddetti ‘dissidenti’, da Navalny a Roman Protasevich, e dopo il golpe di Euromaidan gli aderenti ad alcune formazioni di estrema destra hanno cominciato a supportare i nazionalisti ucraini per l’esposizione – quantomeno impropria e da leggere in chiave nazionalistica più che ideologica – da parte di questi ultimi di simboli politici richiamanti il nazionalsocialismo.

Lorenzo Berti

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