Dittatura “buonista” in Germania: politico “osa” criticare Rackete sui social, la polizia gli irrompe in casa

Di Cristina Gauri – Roma, 25 mag — Per capire chi comanda, individua chi non puoi criticare, pena guai con la giustizia: è capitato a Bjorn Höcke, leader del partito di opposizione tedesco AfD (Alternative für Deutschland) che si è visto perquisire la propria abitazione dalla polizia per aver criticato Carola Rackete sui social.

Perquisita la casa del leader di AfD: “Ha criticato la Rackete”

Quali irripetibili concetti avrebbe esposto Höcke, tanto da meritarsi un raid della Stasi politicamente corretta nel proprio appartamento? Secondo quanto reso noto dal pubblico ministero della procura di Muhlhausen, il leader di AfD avrebbe osato postare una fotografia del capitano della Sea Watch 3 recante la didascalia: «Ho importato torture, violenza sessuale, traffico umano e omicidio». Che le Ong importino criminalità — tanto dall’arrivare a ospitare gli stessi scafisti e torturatori sulle proprie imbarcazioni «soccorritrici di migranti» — è un argomento abbastanza incontrovertibile. Lo dimostrano le cifre, e gli articoli di cronaca — quando non vengono edulcorati dalla stampa di regime che omette la nazionalità di chi compie il crimine.

Un politico perseguitato

Non è così per le autorità tedesche, secondo le quali il leader di AfD avrebbe generalizzatio troppo etichettando tutti gli immigrati come categoria criminale e accusando la Rackete viene accusata di aver favorito l’ingresso di tali criminali. La perquisizione è avvenuta alcuni giorni fa. Vi è da dire che a questo tipo di trattamento Höcke è ormai abituato: dopo essere stato a più riprese — e piuttosto pretestuosamente — accusato di neonazismo e negazionismo per aver criticato il «culto della colpa» e il rapporto morboso che il popolo tedesco ha con la sua storia, lo scorso dicembre, la commissione Giustizia del Parlamento regionale della Turingia ha sospeso l’immunità parlamentare di Höcke per poter procedere nei suoi confronti nel merito di un’altra inchiesta.

Cristina Gauri

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