Roma, il fratello dell’insegnante morta dopo AstraZeneca: “Sul vaccino aveva dubbi, lo ha fatto per gli alunni”
Di Alessia Marani – Il pm Giovanni Musarò ha aperto un fascicolo per omicidio colposo, per ora contro ignoti, un atto dovuto, in relazione al decesso di Stefania Maccioni, l’insegnante 51enne della scuola media Salvo D’Acquisto di Cerveteri, morta pochi giorni dopo la somministrazione del vaccino AstraZeneca al centro della Croce Rossa e Asl 4 di Santa Severa. La Procura di Roma dopo la denuncia del fratello Luca tramite l’avvocato Damiano Mereta ha disposto ieri anche il sequestro a cui seguirà la richiesta di esumazione della salma della donna, custodita nel deposito di Prima Porta dove era in attesa della cremazione al termine del funerale celebrato sabato scorso. Verrà svolta una nuova autopsia per chiarire se ci sia una correlazione tra la dose iniettata il 25 febbraio e la serie di emicranie e lo stato di malessere poi patiti dalla donna fino a quella più forte della notte tra il 6 il 7 marzo scorso. Il decesso è avvenuto il 9 marzo.
Luca che cosa successe quella sera a sua sorella?
«Dovevamo sentirci per definire l’assunzione dei nuovi badanti per i nostri genitori anziani e debilitati, io mi trovo all’estero per lavoro ma ci telefonavamo ogni giorno. Quel sabato mi disse però che era stanchissima per il mal di testa, che non ce la faceva nemmeno a parlare e che voleva andare a dormire. Poi non si è più risvegliata».
Ossia?
«La mattina dopo era domenica. Il suo compagno e la figlia lì per lì non ci avevano fatto caso che fosse rimasta nel letto perché di domenica mia sorella era solita riposare un po’ di più. Ma dopo un po’ mia nipote che ha 8 anni è andata a chiamare la mamma, ma lei non si svegliava. Sono stati chiamati subito i soccorsi, so che Stefania è stata trasportata all’ospedale Gemelli con l’elisoccorso. Quando ho saputo che era stato attivato l’elicottero ho capito che era un caso grave e mi sono precipitato a Roma».
Sua sorella non si è più ripresa?
«No. È entrata in coma, il martedì successivo è toccato a me dare il consenso per staccare la spina ai macchinari che la tenevano in vita. I medici ci hanno detto che si è trattato di una “trombosi venosa cerebrale massiva”. Siamo distrutti dal dolore, il compagno e l’altra mia sorella, la mediana – io sono il più piccolo – sono devastati e cercano di passare più tempo possibile con mia nipote. Io provo a portare avanti la battaglia legale, senza l’intenzione di colpevolizzare nessuno o di denigrare la campagna vaccinale. Come ha spiegato anche il mio avvocato non vogliamo alzare chissà quale polverone sulle vaccinazioni, ma solo capire perché una persona in buona salute come mia sorella sia potuta morire».
Stefania voleva vaccinarsi? Ha avuto dei dubbi?
«Quando si aprì l’opportunità delle vaccinazioni per il personale scolastico lei mi chiamò subito. Ne discutemmo parecchio e so che lei si consultò anche con nostra cugina e altri familiari, in famiglia abbiamo molti medici. Lei era preoccupata perché il vaccino non era stato sperimentato abbastanza. Poi convenì che sarebbe stato comunque giusto farlo, come atto di responsabilità non tanto verso se stessa quanto verso i suoi alunni con cui era a contatto tutti i giorni. Mi ricordo che le dissi: “Tu non è che sei un ingegnere come me che lavora da remoto, sei sicuramente più esposta a rischi di contagio”. Lei si convinse e prenotò subito per togliersi il pensiero».
Lei ha segnalato anche le reazioni avute da sua sorella all’Agenzia italiana del farmaco?
«Sì e l’ho fatto il 12 marzo, prima della sospensione di AstraZeneca e, soprattutto, prima che la regione Piemonte e i carabinieri del Nas decidessero, se non sbaglio il 14 marzo, il sequestro del lotto di fiale ABV5811, lo stesso di mia sorella e del professore di musica morto a Biella».
Che persona era sua sorella?
«Una donna entusiasta della vita e della sua famiglia. Era anche sportiva Stefania, da ragazza era stata una campionessa di pattinaggio. Soprattutto, stava bene. Proprio perché in famiglia ci sono tanti medici, si controllava spesso. Nulla che lasciasse presagire un dramma simile. Il resto della nostra famiglia risiede ai Castelli Romani, lei si era trasferita a Marina di Cerveteri, vicino alla scuola. Adorava insegnare ai suoi bambini, soprattutto adorava la figlia a cui, da otto anni, si dedicava completamente».
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