“ IOAPRO ", l'iniziativa dei Ristoratori "Ribelli" continua . E' una lotta per il Lavoro e per l’Italia”

ROMA

Vuol restare anonima, per nostra comodità ed in favore del lettore, la chiameremo Adry. È titolare di un ristorante del centro, in una zona che ormai è un cimitero di hotel e bed and breakfast (B&b).

Tira di nuovo aria di zona rossa e di lockdown. Nonostante i divieti, ha riaperto da mesi il proprio locale sia a pranzo che a cena. Fa parte della rete IO APRO, composta da imprese che hanno scelto di violare le norme contenute nei DPCM, veri e propri atti unilaterali del Presidente del Consiglio del Ministri pro tempore.

Tutto ciò, soltanto per istinto alla ribellione?

Nel 2020, per Confcommercio sono “sparite” oltre 390.000 aziende (1); secondo la FIPE (Federazione Italiana Pubblici Esercizi), il settore della ristorazione ha perso complessivamente 34,4 miliardi di euro (2). E anche la CNA di Roma, lo scorso 22 febbraio, ha chiesto il conto:per l’80% delle imprese fatturato in calo e previsioni negative. Dove sono i ristori? (3).

Adry è un fiume in piena, una donna dalle mille risorse. IO APRO Lazio è una sua creatura.

  • Perchè, ad un certo punto, ha detto: “IO APRO”?

Le imprese della ristorazione, così come tante altre aziende del commercio e dei servizi, sono oggi discriminate.

Aprire, pur in un contesto difficilissimo, significa riconquistare il minimo indispensabile per la sopravvivenza economica, così da poter pagare una parte dell’affitto e delle utenze e, soprattutto, per non far mancare un piatto in tavola ai nostri cari. Non parlo solo di mio figlio, ho dei dipendenti.

“IO APRO”, me lo ha fatto dire la necessità di vivere. Ma ciò significa anche collettività, ossia far lavorare tantissime persone. Per capirsi: rimettersi in moto anche solo per una sera, vuol dire richiamare due camerieri dalla cassa integrazione, due cuochi, e riattivare i nostri fornitori. Tutto questo fa tornare in vita un’impresa...Continua su Articolo Originale...

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