Allarme Ipsos: “Italiani sempre più poveri. Rabbia sociale salita al 73% rischia di esplodere da un momento all’altro”

Di Adolfo Spezzaferro – Roma, 17 mar – Italiani più poveri, con il ceto medio falcidiato, e tensione sociale alle stelle: sono i danni più evidenti delle restrizioni imposte per contrastare la pandemia. A fotografare il Paese è il Rapporto Ipsos-Flair 2021, presentato oggi al Cnel-Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro. “La danza immobile di un Paese al bivio” è il titolo dell’indagine, che non lascia dubbi su come stiamo messi

Ipsos: “Smottamento ceto medio, dal 40% pre-pandemia al 27% di oggi. Tensione sociale al 73%”

Quello che emerge è “lo smottamento del ceto medio, passato da quasi il 40% del pre-pandemia al 27% di oggi“. Ma anche “la crescita della tensione sociale, che cova sotto la cenere e che intanto è salita al 73% e potrebbe esplodere da un momento all’altro“. Altro dato che fa riflettere: le donne sono il vero (e non riconosciuto) sistema di welfare italiano (61% contro il 21%). Quali sono i sentimenti dominanti ai tempi della pandemia? La paura (28%) e l’attesa (33%), seguiti da altre due pulsioni negative come delusione (24%) e tristezza (22%). Attenzione, poi: la rabbia ribolle nel 13% delle persone. Mentre serenità, dinamismo e passione animano, ciascuna, soltanto il 5% dell’opinione pubblica. Emerge dunque un’emergenza sociale che va affrontata al pari di quelle sanitaria ed economica.

La presentazione al Cnel del Rapporto Ipsos-Flair 2021

I numeri del rapporto, basati su un campione di 1.000 persone rappresentativo della popolazione italiana per ogni quesito emergono dal Rapporto Ipsos-Flair 2021 presentato oggi dal presidente del Cnel Tiziano Treu, da Nando Pagnoncelli ed Enzo Risso, presidente e direttore scientifico Ipsos, e commentato da Vladimiro Giacché, responsabile Comunicazione, Studi e Marketing strategico Banca del Fucino; Linda Laura Sabbadini, editorialista di Repubblica e Marco Tarquinio, direttore di Avvenire.

Ipsos: “Non conosciamo ancora il reale impatto economico della pandemia”

“L’Italia è un Paese ambiguo sul da farsi, incompleto nella sua capacità di agire, avvolto, come in un eterno ossimoro, in una danza immobile, in cui i personaggi in scena lottano per le proprie maschere”, spiega Pagnoncelli. “Molti dei danni collaterali del Covid li cominciamo a intravvedere, ma non riusciamo ancora a pesarne fino in fondo la portata. Non sappiamo quando, se e come finirà la pandemia. Non sappiamo ancora il reale impatto economico, tantomeno quello di lungo periodo: quanti saranno i nuovi disoccupati, quanti professionisti commercianti, operatori turistici o piccoli imprenditori perderanno la propria impresa o attività”, sottolinea invece Risso.

Il direttore scientifico di Ipsos ammette che “non riusciamo a definire in tutte le sue sfaccettature, la dimensione dei danni arrecati al sapere, alla formazione delle future classi dirigenti, né riusciamo a quantificare gli effetti futuri sui comportamenti sociali, culturali e sui consumi“.

Treu: “Siamo obbligati a correre e recuperare il tempo perduto”

Per il presidente del Cnel Treu, “lo scenario delineato dal Rapporto Ipsos, che è emerso anche dai documenti presentati dal Cnel negli ultimi mesi al Parlamento e al governo, ci obbliga a correre e recuperare il tempo perduto. Milioni di imprenditori e lavoratori, soprattutto donne e giovani, aspettano risposte che tardano ad arrivare”. “Le prospettive di ripresa sociale e personale dalle ferite della pandemia sono più complesse dei processi di mera ricostruzione economica. E richiedono quindi misure altrettanto complesse di protezione e di promozione umana. Affinché la transizione epocale in atto sia effettivamente giusta e non si limiti a innovare nelle scelte della economia, ma sappia aiutare le persone a sostenere l’impatto delle novità economiche e tecnologiche e a beneficiarne”, aggiunge Treu.

La paura della recessione (57%) supera quella per il Covid (43%)

Anche perché l’Italia è al primo posto nel mondo per la paura di perdere il lavoro diffusa tra i cittadini (62%). Perché i soldi non bastano, complici la crisi e i ritardi nei sostegni (spesso insufficienti). Infatti il 37% degli italiani non è in grado di fare fronte a una spesa imprevista. “Non mi fido più di nessuno, né delle banche, né delle imprese né degli imprenditori. Tutti, quando possono, cercano di fregarmi” è la risposta data dal 64% del campione. Infine, la paura della recessione (57%) supera quella per il Covid (43%). L’escalation della crisi sociale è ormai alle porte.

Adolfo Spezzaferro

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