Si converte all’islam per sposarsi: finisce sequestrata e torturata per 8 anni, ricoverata in gravi condizioni

Di Dal Pakistan giunge l’ennesima storia di donne cristiane vittime di violenze e discriminazioni, che rafforza le statistiche che indicano il Paese asiatico come la quinta nazione più pericolosa al mondo per il genere femminile. Il dramma denunciato di recente riguarda Sajada, cristiana convertitasi all’islam per sposare un musulmano, Aslan Dogar, che l’aveva convinta all’unione.

Lei non è stata però mai accettata dai familiari dello sposo ed è stata quindi bersaglio per 8 anni di insulti e torture, sia da parte dei parenti dell’uomo sia da parte dello stesso Dogar. A ricostruire la storia di Sajada è stato in questi giorni Avvenire, dopo il ricovero in ospedale della donna. Secondo la testata, la cittadina pakistana è stata trasferita in ospedale all’inizio di questo mese per delle ferite subìte dopo l’ennesima aggressione perpetrata dal marito e dai parenti di lui.

In base alle testimonianze di chi sta seguendo il caso, la vittima era costretta a “utilizzare oggetti da cucina separati“, veniva ancora considerata una cristiana e non integrata nella famiglia, era costantemente sottoposta a torture e umiliazioni per le sue origini. E quando in diverse occasioni aveva cercato di fuggire, era stata rinchiusa in un’area della casa dove solo i membri della famiglia potevano entrare.

Il ricovero di Sajada si era reso necessario dopo che la polizia, avvertita dai vicini di casa, aveva trovato il 31 agosto la malcapitata in casa in condizioni di salute gravissime. La donna sarebbe stata in stato di incoscienza, con difficoltà respiratorie e il volto “sfigurato dall’acqua bollente“. A danneggiarle il viso sarebbero stati il marito Aslan e i suoi fratelli Asif e Shahid. Le ferite alla testa erano ormai infette al momento dell’arrivo dei poliziotti e la donna rischiava di perdere la vita. Ora Sajada si trova ricoverata in condizioni ancora gravi all’ospedale di Lahore, ma la polizia ha già arrestato il marito-aguzzino e uno dei fratelli dell’uomo.

La storia raccontata da Avvenire lancia un nuovo grido d’allarme sulla condizione delle donne e delle minoranze in Pakistan, per cui si batte l’organizzazione di tutela dei diritti Claas. Nasir Saeed, presidente dell’ong, ha quindi preso spunto dal dramma di Sajada per affermare: “Spero che si possa fare giustizia ma avendo presente diversi casi del passato non nutro tante speranze.

Sposare un musulmano in Pakistan spesso porta a tragedie come questa o anche peggio, con molti genitori che non sono più in grado di avere notizie delle loro figlie. Le donne non musulmane sono spesso indotte al matrimonio e di conseguenza costrette a convertirsi perché senza la conversione nessuno le sposerebbe. Sono molto pochi quelli che davvero sposano donne non musulmane, avviano con esse una famiglia e riconoscono loro gli stessi diritti e rispetto. A volte vengono vendute oppure costrette a prostituirsi“.

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