Genova, polizia locale arresta un pusher senegalese: i suoi connazionali feriscono a bottigliate una agente

Da Genova Quotidiana – È successo oggi alle 15:30, quando, in via Pré, all’altezza dell’incrocio con via delle Fontane, la squadra ha notato la cessione di stupefacente tra due individui extracomunitari. Gli agenti sono intervenuti e sono riusciti ad acciuffarne uno, ma i presenti, connazionali del pusher, li hanno fatti oggetti di un fitto lancio di bottiglie, ferendone tre.

Gli agenti, per sottrarsi ai lanci e portare a termine l’arresto, hanno fatto uso di spray urticante. L’uomo ha ingerito ovuli e sarà piantonato in ospedale fino a quando non li espellerà. Aggiornamento: l’arrestato è un senegalese di 39 anni, irregolare sul territorio nazionale, colpito da decreto di espulsione della Questura di Sassari, pregiudicato per spaccio e resistenza a pubblico ufficiale.

Identificato e ricercato l’uomo che ha colpito un’agente donna a bottigliate. Fondamentali per il contenimento dei danni fisici la dotazione dei gusci protettivi con cui operano gli agenti della Sicurezza Urbana e del Pronto Intervento.

La sicurezza che non c’è, ma la colpa non è delle divise

La situazione della sicurezza in centro storico, tra rapine e aggressioni anche alle divise, è sempre più problematica, ha superato il livello di guardia, ma non è l’impegno delle divise a venire meno. Non facciamo altro che scrivere di arresti, che sono senza dubbio aumentati. Il problema è che è come svuotare il mare con un cucchiaio.

Anche chi addossa la colpa alla magistratura sbaglia obiettivo: la magistratura applica le leggi, non le fa. Tutte le direttissime che terminano con misure sostitutive sono a norma delle leggi vigenti. A Polizia locale, Carabinieri e Polizia di Stato non resta che pizzicare un’altra volta i colpevoli per chiedere aggravamenti della misura e arrivare, finalmente, al carcere. È inutile criticare i magistrati, è la legge che va cambiata.

È evidente che l’approccio della politica nazionale è sbagliato, fallimentare e il peso delle conseguenze sul territorio sono pesantissime. I Cie scoppiano. Nella nostra città è arrivato un fiume di stranieri che vengono affidati a centri per la quarantena e da lì escono, finendo per strada. Un’accoglienza diversa consentirebbe di captarli, assisterli, in qualche modo controllarli.

Impedirebbe che diventassero facili prede della criminalità che cerca cavalli per la droga. Una diversa organizzazione internazionale permetterebbe di rimpatriarne molti di più quando si rendono responsabili di episodi criminosi. Come si faceva una volta. Invece è come se si stesse alimentando con esplosivo, un giorno dopo l’altro, una bomba a orologeria. Pare quasi che la si voglia veder deflagrare con la massima potenza aumentando la percezione di insicurezza e l’insicurezza reale.

La politica locale, dal canto suo, conta solo sulla repressione, che è decisamente migliorata, ma non basta perché l’onda si fa sempre più alta e non è affrontabile a suon di denunce e arresti. La si può rallentare solo con accordi internazionali, non certo con operazioni di polizia su strada. Molte delle persone che spacciano probabilmente non lo farebbero se fossero avviate in percorsi di comunità come quella di Don Martino a Coronata.

Invece il centro storico (e non solo) si sta riempendo di invisibili che non sanno come procurarsi il cibo (non possono lavorare, ad esempio) e finiscono nelle grinfie delle organizzazioni dello spaccio. Il gioco a guardia e ladri voluto dalla politica non solo non è efficace, ma perde di vista la vera origine del problema, che è nazionale, politica e diplomatica.

Il Comitato degli abitanti di via del Campo, zona che si affaccia proprio su via delle Fontane, esprimono solidarietà agli agenti: «È un atto vile e inaccettabile, siamo mortificati – dice il presidente Christian Spadarotto -. Ci auguriamo che gli agenti coinvolti possano riprendersi rapidamente: solidarietà massima».

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