L’anti-italiano Saviano difende i tedeschi: “Non hanno insultato Dante. Articolo strumentalizzato dai populisti”
Di Roberto Vivaldelli – Si potrebbe forse obiettare che le parole “arrivista” e “plagiatore” nell’oramai celebre articolo di Arno Widmann su Dante Alighieri pubblicato sul Frankfurter Rundschau non ci siano o meglio, siano state tradotte in maniera un po’ rozza e semplicistica. Ma da qui a dire che nel pezzo del celebre critico letterario tedesco non ci sia uno spirito provocatorio o non vi siano punzecchiature nei confronti del Sommo poeta, ce ne passa. È ciò che prova a sostenere Roberto Saviano, provando a spiegare, sulla sua pagina Facebook, che la stampa italiana non conosce il tedesco e si è inutilmente indignata nei confronti dell’articolo scritto dall’amicone Widmann per sposare l’odio-antitedesco.
“Trovo sui social un’assurda polemica su Dante che parte da un articolo pubblicato in Germania. Vi dimostrerò come anche un ottimo articolo di analisi letteraria possa essere strumentalizzato dal più becero populismo. Nessun attacco a Dante arriva dalla Germania, come suggerisce qualche giornalista e qualche politico, nessuna accusa di essere un plagiatore. Niente di tutto questo, nemmeno l’ombra. Solo l’incapacità di leggere e comprendere testi scritti” afferma Saviano.
La lezioncina (a vuoto) di Saviano
Conosco l’autore dell’articolo su Dante, Arno Widmann, da più di dieci anni, spiega Saviano, ed “è uno dei più colti e sapienti critici letterari europei. Conosce la letteratura del nostro paese come pochi. Sicuramente la conosce meglio dei politici che oggi lo attaccano. Il suo è un intelligentissimo articolo che parla dell’influenza che ebbe sulla lingua di Dante l’operazione già compiuta dai provenzali e che però lui fece lievitare, perché grazie a Dante quell’operazione non si limitò più solo all’argomento amoroso ma si allargò a tutto il resto.
E dunque, sottolinea Saviano, “nessuna offesa a Dante nel suo articolo che, invece, è una dotta analisi non rivolta solo ai lettori tedeschi, ma a chiunque ami la letteratura. Arno Widmann offre spunti interessantissimi sul ruolo dell’intellettuale italiano, politicamente impegnato e chiamato a esprimersi sul mondo“. Peccato che Saviano non argomenti e non spieghi dove sarebbero, a suo parere, gli errori di traduzione commessi dalla stampa italiana, limitandosi a dire di conoscere Widmann e accusando i giornalisti italiani – e alcuni politici, tra i quali Matteo Salvini, tanto per cambiare – di becero nazionalismo, cosa che agli intellettuali chic proprio non piace. La solita e noiosissima pedanteria ideologica.
La provocazione del giornale tedesco
La verità è che per provare ad affermare che il tono dell’articolo di Widmann non sia provocatorio, ci vuole un bel coraggio. Articolo legittimo, s’intende, com’è altrettanto legittima la reazione di chi ha fatto notare al critico tedesco di aver scritto delle inesattezze, se non delle vere e proprie sciocchezze. Come nota l’Agi, secondo il giornalista tedesco, la Divina Commedia è “una fabbrica di versi“, nella quale “ogni volta è chiaro se fai parte dei buoni o dei cattivi“, laddove l’Alighieri è mosso soprattutto “dalla voglia al giudicare e al condannare“. Presunzione, fa intendere il critico tedesco, che pooi aggiunge: “Gli oltre 14 mila versi sono intesi a gettare un ponte lungo oltre 1300 anni sull’Eneide di Virgilio: una tale opera abbisogna di un ego immenso“.
Secondo l’autore, Dante Alighieri “in un certo senso avrebbe creato la lingua per la sua opera, e questa lingua divenne quella dei suoi lettori e poi quella dell’Italia…”, ma è semplicemente quello “che fino a 60 anni fa si raccontava ad ogni scolaro italiano, nessuno lo direbbe anche oggi“. Come se son bastasse, le prime liriche in volgare furono scritte “in provenzale“, certo non nell’italico idioma dantesco: in pratica, osserva sempre l’Agi, la maggiore invenzione di Dante, ossia di aver portato il volgare nell’alveo dell’arte letteraria, non è una vera invenzione. Dopodiché Widmann tira in ballo Shakespeare, che gli pare “più moderno anni luce rispetto agli sforzi di Dante di aver un’opinione su tutto, di trascinare tutto davanti alla poltrona da giudice della sua Morale. Tutta questa immensa opera serve solo per permettere al Poeta di anticipare il Giorno del Giudizio, mettere lui in pratica l’Opera di Dio e di spingere i buoni nel vasetto e i cattivi nel pozzo“. Non male per un articolo che, secondo Saviano, “offre spunti interessantissimi sul ruolo dell’intellettuale italiano, politicamente impegnato e chiamato a esprimersi sul mondo“.
Eike Schmidt smentisce (indirettamente) Saviano
Se c’è una persona di cultura che conosce il tedesco – da madrelingua – l’arte e la figura di Dante, quello è sicuramente Eike Schmidt, direttore della Galleria degli Uffizi. Commentando l’articolo su Dante, Schmidt, intervistato dall’emittente radiofonica Lady Radio e riportato dal quotidiano La Nazione, spiega che “Arno Widmann è un personaggio di forte vis polemica, che ha sempre fatto parlare di sé per teorie volutamente provocatorie oppure, talvolta, di complotto. Volendo parlare male di Dante, gli muove contro argomenti totalmente insostenibili. La sua opinione non coincide affatto con l’opinione generale su Dante in Germania, non rappresenta nemmeno una corrente di pensiero”. “Dice Widmann – prosegue il direttore e critico d’arte tedesco- che Dante abbia cercato di imitare i poeti provenzali francesi. Non è certo una grande scoperta: che egli abbia guardato ai provenzali come a un modello lo si sa da sempre, ma che si sia limitato a copiarli è altrettanto evidente che sia falso. Un’altro argomento di Windmann è che Dante abbia creato una ‘contro-versione’ cristiana a fronte della tradizione islamica del viaggio ultraterreno del Profeta Maometto: questo è del tutto infondato”. Quindi anche Eike Schmidt ha letto o tradotto male l’articolo di Widmann, caro Saviano? Del tutto improbabile. Forse chi dovrebbe rileggersi meglio l’articolo è proprio l’autore di Gomorra.
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