Storie di Scienza: le strane ali del signor Lanchester

Il signor Frederick William Lanchester, quello nella foto qui accanto, vi fa risparmiare su ogni volo aereo che prendete e su ogni pacco spedito per posta aerea che ricevete. No, non è il proprietario segreto della Ryanair o di Amazon. Anche perché è morto, povero in canna, nel 1946. Frederick William Lanchester era un ingegnere britannico, classe 1868.

L’ingegner Lanchester era il tipo di persona che affrontava un problema quando il resto del mondo nemmeno sapeva dell’esistenza del problema. Nel 1897, a ventinove anni, stava già risolvendo i problemi dell’efficienza aerodinamica dei velivoli ancora prima dello storico, primo volo a motore dei fratelli Wright nel 1903. 

Nel 1897, Frederick Lanchester concepì e brevettò le winglet. Avete presente quelle strane pinne triangolari alle estremità delle ali degli aerei moderni? Quelle. Sono dell’Ottocento. Il brevetto è il British Patent No. 3608, Improvements in and relating to Aerial Machines.

Lanchester aveva già intuito che l’incontro fra il flusso d’aria che passa sopra l’ala e quello che le passa sotto genera invisibili vortici di estremità, che creano resistenza. Aveva anche capito che un piano verticale collocato a queste estremità avrebbe ridotto i vortici e migliorato l’efficienza del velivolo: lo stesso principio per cui le auto da corsa hanno pareti verticali agli estremi degli alettoni. 

Questo è Lanchester nel 1894, alle prese con uno dei suoi eleganti modelli di aereo a eliche spingenti:

 

E questo è uno dei disegni del brevetto di Lanchester, in cui si vede l’ala troncata e dotata di un capping plane o piano terminale (dettaglio e di Figura 12):

 

Nel suo brevetto, Lanchester parla specificamente di applicare questi piani terminali “allo scopo di minimizzare la dissipazione laterale dell’onda portante.”


Non è che Lanchester avesse già in mente eleganti Jumbo Jet per andare alle Maldive spendendo meno: a quell’epoca il velivolo da ottimizzare e brevettare era un aliante-bomba, da usare in guerra, una sorta di siluro dell’aria. Anzi, a fine Ottocento l’aviazione civile era ritenuta tecnicamente impossibile, visto che mancava un motore sufficientemente leggero. Fra l’altro, Lanchester propose anche di progettarne e costruirne uno, ma gli fu detto che nessuno lo avrebbe preso sul serio e così si dedicò a fabbricare automobili. I fratelli Wright non furono avvisati che quel motore era impossibile e lo costruirono, e il resto è storia. 

Lanchester aveva anche definito i concetti fondamentali di portanza, stallo e resistenza aerodinamica, ma le riviste scientifiche britanniche dell’epoca snobbarono e respinsero i suoi scritti. Pochi anni più tardi arrivò la conferma scientifica delle sue intuizioni da parte del tedesco Ludwig Prandtl, padre della meccanica dei fluidi, ma l’apporto di Lanchester all’aviazione fu riconosciuto pubblicamente solo verso la fine della sua vita. Nel 1931 ricevette la Daniel Guggenheim Medal per il suo contributo alla teoria fondamentale dell’aerodinamica.

Frederick Lanchester morì senza un quattrino, fiaccato dal morbo di Parkinson e dalla perdita della vista, poco dopo la fine di una guerra mondiale nella quale i frutti delle sue idee “impossibili” avevano dominato i cieli e deciso le sorti di intere nazioni. 

Le sue alette finirono sostanzialmente nel dimenticatoio per settant’anni: provò a riprenderle un altro pioniere tedesco, Sighard Hoerner, negli anni Cinquanta, ma le compagnie aeree erano in piena espansione, il carburante costava poco, si progettavano aerei di linea supersonici e a nessuno interessava risparmiare. Fino alla crisi petrolifera del 1973, che cambiò tutto. 

Quell’improvviso ed enorme aumento dei prezzi del carburante spinse la NASA a investire urgentemente in ricerca aerodinamica. Uno dei suoi ingegneri aeronautici, Richard Whitcomb, rispolverò e migliorò le winglet di Lanchester, ispirandosi alle vele delle navi, non solo per risparmiare carburante ma anche per ridurre le pericolose turbolenze lasciate dal passaggio dei grandi aerei di linea. 

Questo è un quadrigetto KC-135 dell’aviazione militare statunitense, prestato alla NASA e modificato nel 1979 per valutare gli effetti delle winglet.


Un dettaglio di una di queste winglet:


I risultati furono notevolissimi: oltre il 6% di autonomia in più, corse di decollo ridotte, pause più corte fra il decollo di un aereo e quello del successivo, minor rumore. Le alette furono adottate prontamente dai jet privati e poi dagli aerei di linea in numerose varianti e oggi sono onnipresenti. Questa, per esempio, è una winglet raccordata di un Airbus A350 (credit: Julian Herzog/Wikipedia): 


 

Dietro quel piccolo dettaglio che scorgiamo dal finestrino del nostro volo vacanziero low-cost, insomma, c’è un secolo di storia, ci sono drammi di talenti incompresi e miopi ottusità, e c’è tanta scienza che merita di essere raccontata e ricordata. In particolare c’è tanta ricerca di base: quella che si fa senza sapere in anticipo a cosa serve e che nessuno vuole finanziare perché ritenuta “inutile”.

 


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