Quando la sinistra negava o minimizzava il Covid: le 5 frasi “imbarazzanti” di inizio pandemia

Di Cristina Gauri – Roma, 24 feb – La pandemia ha da poco spento la sua prima candelina. Tanto è successo e tanto è mutato nella narrazione mainstream dell’emergenza sanitaria che si fa fatica, per usare un eufemismo, a trovare un filo conduttore e una coerenza tra le dichiarazioni, le indicazioni mediche, le prese di posizione, le smentite, le giravolte compiute con una nonchalance sconcertante.

Il rogo dei negazionisti 

Quasi tutte cazzate, quasi tutte da cestinare senza pietà. In mezzo a questo a maelstrom abominevole si sono ritrovati gli italiani, vessati, terrorizzati, privati di ogni libertà, colpevolizzati dai piccoli satrapi della politica, della virologia e dell’informazione. Quasi tutti di sinistra, quasi tutti, in data attuale, hanno il ditino puntato contro il popolo – che detestano visceralmente – e la mano sui fiammiferi, pronti ad accendere il rogo di italiani «eretici» e «negazionisti». L’accusa di negazionismo, strumento geniale a suo modo, utilissimo per condannare e marginalizzare i propri antagonisti o chi semplicemente scegli di farsi qualche domanda in più.

Dichiarazioni invecchiate malissimo

E allora, nel primo, e si spera ultimo, genetliaco della pandemia, vale la pena ricordare di quando questi Pol Pot del contagio negavano o minimizzavano la pericolosità del virus o il potenziale impatto sulla nostra civiltà nel nome dell’antirazzismo. Ve lo ricordate, sì, quando non si poteva parlare di rischio pandemia per non offendere i cinesi? Sul rogo, all’epoca, ci andava chi chiedeva più controlli alle frontiere e una maggiore trasparenza. Una lunga sequenza di dichiarazioni e prese di posizione che oggi non si farebbe fatica a definire «negazioniste» e che sono state poi, con il tempo, occultate e nascoste sotto il tappeto. Anche in questo caso, come da prassi, i propri scheletri la sinistra li ha nascosti negli armadi altrui, anche e soprattutto per farli dimenticare. E noi ora li ricordiamo, a beneficio della verità.

Scanzi e i cretini con la mascherina

Ma quanto deve andare avanti questo delirio collettivo?…», «siete deficienti, il coronavirus è innocuo», «le mascherine non servono, siete ridicoli a indossarle», e «il Coronavirus è qualcosa di leggermente, sottolineo leggermente, più insidiosa di un qualsiasi cazzo di influenza». Così tuonava Scanzi un anno fa in uno dei video invecchiati peggio della storia dell’emergenza sanitaria. Per il passaggio da negazionista sprezzante a fedele menestrello della narrazione pandemica targata Conte, è bastato uno schiocco di dita: e via a stigmatizzare i runner, via a insultare in ogni modo chi si assembra, via alla fustigazione verbale di chi tiene la mascherina abbassata. Altro che Cazzari del virus.

Le sardine da antirazziste a delatrici 

Ve le ricordate le sardine? Sprofondate nell’oblio, il loro nome rieccheggia di tanto in tanto: quando vi sembra che non si possa aggiungere altra idiozia al tavolo delle idiozie, arrivano loro ad alzare l’asticella, e poi si inabissano, fino alla volta successiva. La loro parabola pandemica è deliziosa. «L’unica mascherina utile è quella della cultura», ammonivano il 5 febbraio. «Chi crea allarmismo alimenta virus di gran lunga più pericolosi». Santori e company invitano dunque a partecipare e condividere le foto con libri sulla bocca al posto delle mascherine, con l’hashtag #nonfarticontagiare: «Mostriamo gli anticorpi al razzismo!».

Cambio di casacca due mesi dopo: i pescetti, qui nella parte dei cani da guardia del governo, fanno la spia contro chi vuole manifestare contro le misure del governo: «E il timore diventa realtà! Denunciamo i gruppi creati su Telegram per organizzare manifestazioni in tutta Italia il 4 Maggio», parlando non di protesta sacrosanta ma di «una sciocca impulsività che lede e mette a rischio la salute di tutti coloro che le regole le rispettano». Per poi arrivare all’apice il 25 maggio: il virus non lo portano più i cinesi, quindi non c’è libro sulla bocca che tenga. Va in scena la stigmatizzazione «comportamenti scellerati, di giovani e non, alla ricerca di una tanto agognata normalità», ma precisano con toni da vecchie zie «Il nostro non è moralismo, è responsabilità. Una serata fuori con gli amici può costare caro».

Zingaretti e l’aperitivo sui Navigli 

«Bisogna isolare i focolai ma non bisogna distruggere la vita o diffondere il panico. Quindi bisogna dare dei segnali di ripresa e rilancio, la cosa più importante è riaccendere l’economia del Paese con misure straordinarie». Così dichiarava il governatore del Lazio Zingaretti brandendo uno spritz a ravvicinatissima distanza con alcuni festanti Giovani democratici al famoso «aperitivo sui navigli». Correva il 27 febbraio 2020, le terapie intensive iniziavano a straripare e Sala lanciava l’hashtag #Milanononsiferma. Bisogna fatturare, altro che pandemia! Zingaretti aveva raccolto l’afflato e si era recato in porta Ticinese a fare aperitivo. Quando lo dicevano loro, l’economia non doveva arrestarsi, il resto è storia.

E come rideva il 3 febbraio, perculando il panico ingenerato dalla notizia dei primi due positivi al coronavirus – una coppia di cinesi in vacanza in Italia: «Vogliamo dare un segnale contro l’eccesso di allarmismo, in alcuni casi parlerei di isterismo: pur essendo una situazione complessa, sono atteggiamenti abbastanza ingiustificati». «In questo momento nella nostra regione noi contiamo circa 85mila pazienti affetti da influenza stagionale che spesso causa dei decessi e 2 con influenza coronavirus». Il riso gli si è spento sulla faccia qualche settimana dopo, 7 giorni dopo lo sprizzettino ai Navigli: «Ho il Covid».

Lucarelli e gli involtini

«Coronavirus. In Cina morte 56 persone, la maggior parte sopra gli 80 anni e già malate. Gli abitanti della Cina sono 1 miliardo e 300 milioni. È morto lo 0,0000043% della popolazione. Giusto per ricordare i numeri della psicosi per cui si ha paura di ordinare involtini primavera». Il 26 gennaio scorso Selvaggia Lucarelli ci impartiva la sua eloquente lezione di virologia e statistica. Qualche giorno dopo a Piazzapulita si ingozzava di involtini primavera con Formigli per dimostrare che il vero virus è il razzismo contro i cinesi.

Non c’è niente da temere, il virus colpisce solo i vecchi con patologie pregresse. E’ la dura legge del virus, che ci vuoi fare. Quando però Toti disse all’incirca la stessa cosa proponendo un lockdown mirato per soli anziani lei gli diede del cocainomane e lo mise in croce. La furia minimizzatrice della Lucarelli è infatti durata comunque poco: il suo imbarazzante calvinismo delatorio nei confronti di assembramenti, poveri martiri che si abbassano le mascherine per respirare e locali che tengono aperto per non fallire raggiunge vette lisergiche.

Gori e #Bergamononsiferma 

«Bergamo non ti fermare!». Con queste parole iniziava l’appello che il sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, aveva lanciato il 27 febbraio scorso ai propri concittadini dalla sua pagina Facebook. «Dobbiamo andare avanti con intelligenza e buon senso, senza allarmismi. Sono convinto che un virus non fermerà Bergamo, né oggi né in futuro, e noi che amiamo questa città dobbiamo ridarle presto coraggio e vivacità». Il resto, come abbiamo avuto modo di constatare, è storia.

Cristina Gauri

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